La Sicilia è una terra meravigliosa, ricca di storia, reperti archeologici e paesaggi naturalistici molto diversi tra loro. Nel cuore dell’isola, al confine tra il territorio etneo e quello ennese, il panorama offre la morbida visione di dolci colline, che da marzo a giugno si ricoprono di ondeggianti spighe di grano.
In questa terra di confine, con i suoi teneri declivi, qualcuno che avesse smarrito la memoria potrebbe pensare di percorrere altri luoghi della nostra penisola.
Oggi la nostra società si trova a dover affrontare una nuova, importante sfida: riconoscere l’importanza del territorio e dei suoi frutti e dare finalmente dignità concreta al concetto di biodiversità auspicato da una minoranza, almeno fino a poco tempo fa.
Esistono fortunatamente delle piccole realtà imprenditoriali che già da alcuni anni hanno rivolto lo sguardo in avanti, incontro al futuro.
In Sicilia, sulle colline dell’ennese, Giuseppe Li Rosi, proprietario dell’azienda agricola biologica Terre Frumentarie, dieci anni fa decise di introdurre nei propri terreni la coltivazione di alcuni grani antichi siciliani, come la timilia, che gli furono consegnati dalla Storica Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia.
La produzione di questi grani antichi in una terra con una forte vocazione alla produzione di questo cereale, non tardò a maturare i suoi frutti dopo alcuni anni, ma il mercato non era ancora pronto. Li Rosi ha dovuto “inventarsi” un modo per valorizzare il suo prodotto, trasformandolo in pasta e prodotti da forno, oltre che farina.
Inizialmente la sua attività venne giudicata con scetticismo da tutti gli imprenditori agricoli confinanti con i suoi terreni, essendo la resa della coltivazione dei grani antichi nettamente inferiore a quella comune. Ma nel corso degli ultimi anni, la consapevolezza dei consumatori è cresciuta notevolmente, i problemi di intolleranza ai prodotti del grano, accusata da una fetta sempre crescente della popolazione, ha spostato l’attenzione verso un prodotto che abbia precise qualità organolettiche.
Il grano comune, coltivato con sementi importate e sottoposto a fertilizzanti chimici che preservano la sua crescita e ne aumentano la resa, è privo di quegli elementi nutrizionali che rendono il cibo che assumiamo buono, per il gusto e per la nostra salute. Le farine prodotte con i grani antichi siciliani, vengono molite a pietra, un sistema che fornisce un prodotto più integro, meno raffinato e contengono ancora tutti i loro nutrienti, le fibre, più vitamine.
La richiesta di mercato in questo settore è diventata sempre maggiore, destando l’interesse e l’attenzione anche dei produttori meno attenti alle tematiche ambientali ed alla biodiversità. Gradualmente sempre più imprenditori agricoli, spinti da una richiesta di mercato più consapevole, riconvertono le loro aziende al biologico, tenendo conto delle specificità del loro territorio, riscoprendo colture che erano state dimenticate.
Autore: Patrizia Garozzo
Foto: Salvo Amato