In Italia l’Ippocastano trova il suo habitat soprattutto nelle regioni centro-settentrionali e questo è uno dei motivi per cui non mi è mai capitato di vederne uno da vicino, difatti abitando in Sicilia, dal clima piuttosto caldo, le possibilità sono limitate!
Si tratta di un albero che ha origini antichissime e dato che i suoi frutti assomigliano molto a quelli dell nostro albero di Castagno, in passato è capitato che alcuni li ingerissero, senza pensare troppo alle differenti caratteristiche nella forma del frutto, rischiando in alcuni casi l’avvelenamento in quanto i frutti dell’Ippocastano risultano tossici per l’uomo.
La pianta viene utilizzata da sempre per scopi erboristici: in fitoterapia il principio attivo che se ne ricava è l’escina che, unitamente ai flavonoidi contenuti in essa, rendono l’ippocastano un utile rimedio per la cura dei disturbi di circolazione, malattie rettali come le emorroidi e le ragadi anali. In pratica l’ippocastano esercita una funzione antiedemigena e vasocostrittrice, ha proprietà antiossidanti ed antinfiammatorie.
Il preparato fitoterapico migliora il microcircolo in quanto riduce la permeabilità dei capillari e favorisce il drenaggio dei liquidi che ristagnano nel sistema linfatico, ha proprietà antiemorragiche e riparatrici degli edemi, anche di natura traumatica.
In genere si sconsiglia l’utilizzo dell’ippocastano a coloro che fanno uso di antiaggreganti o anticoagulanti, in gravidanza e durante l’allattamento.
Coloro che ritengono di averne bisogno, chiedano preventivamente il parere del proprio medico o dell’erborista di fiducia: in genere si consiglia l’assunzione di 40 gocce di macerato glicerico due volte al giorno o in alternativa 800 mg di estratto secco della pianta (sotto forma di capsule) due volte al dì, preferibilmente lontano dai pasti.
Autore: Patrizia Garozzo